Capitolo terzo

I princìpi fondamentali del dinamismo psichico

I. POSTULATI FONDAMENTALI

Ogni teoria scientifica opera secondo determinati presupposti sottintesi. Essi non sempre vengono dichiarati esplicitamente, ma sono impliciti, e spesso ignorati anche dai teorici. Più complesso è il campo, e più diventa importante chiarire questi postulati fondamentali. I progressi nella conoscenza — come ad esempio nella teoria della relatività — sono dovuti alla rivalutazione di certi presupposti basilari. La psicologia, forse più di ogni altra scienza, richiede una chiarificazione dei suoi taciti presupposti. Essa differisce dalle altre scienze, in quanto metodi e obbiettivi sono entrambi psicologici: sentimenti, moventi, impulsi o pensieri. Perciò, lo psicologo ha di fronte a sé il problema apparentemente insolubile di tagliare un coltello con un coltello.

La psicologia è una scienza valida. Il primo assunto di ogni psicologo è che la psiche può studiare la psiche. Unica eccezione e il «behaviorista», il quale osserva soltanto le manifestazioni estenori della vita intima, e non merita a stretto rigore di esser chiamato uno psicologo. Nel capitolo precedente abbiamo descritto la trasformazione della psicologia del «buon senso» in metodo scientifico, per mezzo della psicoanalisi.

La psicologia è una scienza biologica. Il secondo assunto sottinteso nella discussione che segue, è che i processi vitali possono essere studiati sia per mezzo dell'indagine somatica delle manifestazioni fisiche, sia mediante l'investigazione psicologica delle manifestazioni psichiche dell'organismo. Questo duplice modo di accostarsi al problema è possibile, perché l'organismo umano non solo funziona meccanicamente, ma è anche cosciente delle proprie emozioni, necessità o desideri, e può comunicarli ad altri per mezzo della parola. Un'automobile che sale una collina non avverte alcuna sensazione di sforzo o di fatica, né prova il desiderio di raggiungere la cima. In ciò è dissimile dall'uomo, e questa differenza ovvia rende tutti i paragoni tra le macchine e gli organismi viventi non soltanto inadeguati, ma sotto molti aspetti ingannevoli.

L'uomo può descrivere ad altri le proprie sensazioni. La comunicazione verbale è perciò Io strumento più importante della psicologia. Ovunque non possa essere usato tale metodo, come nella psicologia degli animali e nello studio dei bambini piccoli, i risultati, nel migliore dei casi, sono discutibili. La cosa diventa difficilissima, quanto comprendere una persona che parli una lingua diversa dalla nostra.

Le analisi somatiche e psicologiche della vita rappresentano due aspetti della medesima cosa. La prima descrive le azioni del corpo, la seconda le sue esperienze interiori. Queste ultime hanno i propri princìpi di causalità, i quali possono essere formulati in sillogismi logici o stabiliti in termini di nessi emotivi ricorrenti, che possiamo chiamare sillogismi emotivi. Un esempio del primo è: «Ho bisogno di cibo — posso averlo solo col denaro — quindi devo trovare del denaro»; una formula, questa, che informa la maggior parte della condotta umana nella civiltà contemporanea.

Un esempio di sillogismo emotivo potrebbe essere questo: «Egli mi nuoce — dunque io voglio nuocere a lui». Non è una sequenza logica, ma un comune sillogismo emotivo, largamente applicabile.

Le sequenze logiche ed emotive sono entrambe considerate qui come modi per adattare l'organismo all'ambiente, e preservarne l'esistenza. Le funzioni della mente sono in realtà funzioni biologiche, come la locomozione e la respirazione, e sono inoltre meccanismi adattabili, i quali forse in avvenire verranno descritti in termini fisici o chimici. Allo stadio attuale di conoscenza, tuttavia, l'avvicinamento psicologico dà una visione intima più dettagliata di queste complesse funzioni biologiche.

II. IL PRINCIPIO DI STABILITÀ (FREUDFECHNER)

La vita consiste in un ciclo continuato di produzione ed emissione di energia. L'energia viene consumata e deve essere regolarmente rimpiazzata; il che richiede dall'ambiente un nuovo rifornimento. Negli animali superiori la funzione principale del sistema cerebrospinale è quella di mantenere questo equilibrio dinamico, che viene capovolto sia dagli stimoli esterni, che dallo stesso processo vitale.

I disturbi di equilibrio appaiono psicologicamente sotto forma di bisogni e di desideri che sollecitano una soddisfazione e servono da movente al comportamento volontario. Una fondamentale tendenza dell'organismo tende a mantenere queste tensioni psicologiche a un livello costante. Freud prese tale principio da Fechner e Io chiamò «il principio di stabilità». Claude Bernard ne scoprì per primo la contropartita fisiologica, e Cannon la formulò nel suo principio di «omeostasi»: la tendenza cioè di un organismo vivente a mantenere le condizioni interne, come la temperatura e la concentrazione dei fluidi del corpo, a un livello costante. I princìpi di stabilità e di omeostasi sono identici; l'uno espresso in termini psicologici, l'altro fisiologici.

La teoria psicoanalitica dell'io è la seguente: la funzione dell'io è quella di attuare il principio di stabilità. L'io è la testa che governa l'organismo, ed è doppiamente percettivo. Con percezioni interne del sensorio registra i turbamenti interni dell'equilibrio fisiochimico, avvertendoli come bisogni e sensazioni. Attraverso le percezioni esterne del sensorio stesso registra invece le condizioni ambientali da cui dipende l'appagamento di quei bisogni. Esso ha inoltre funzioni integrative ed esecutive. È il centro del controllo motore, e confrontando tra loro le percezioni interne ed esterne, può integrarle e soddisfare i bisogni subiettivi, per quanto è possibile, in rapporto a determinate condizioni esterne (scopi coordinati — comportamento diretto dalla volontà). Un'ulteriore funzione dell'io è la protezione da eccessivi stimoli esterni.

Il principio di stabilità non distingue la qualità dei diversi istinti, impulsi o emozioni, sebbene si applichi a tutti, sia che essi rappresentino bisogni fondamentali, quali la fame o la sessualità, o pulsioni più complesse, come la curiosità e la creatività, il conflitto e la vendetta; ovvero tendenze emotive complesse che si manifestano nel pianto, nel riso, nel sospirare.

È evidente che il principio di stabilità è identico al cosiddetto principio di autoconservazione; ma è una formulazione più utile e precisa della medesima cosa: e cioè, che l'organismo si sforza di conservare le condizioni interne più favorevoli allo svolgersi dell'intero processo della vita.

III. IL PRINCIPIO DI ECONOMIA O DI INERZIA

Ogni organismo nasce con funzioni automatiche: i riflessi incondizionati, che servono a mantenere la vita, o più precisamente a conservare nell'organismo quelle condizioni costanti necessarie alla vita. Tutte le funzioni interne vegetative, quali la digestione, la circolazione del sàngue, la respirazione e la defecazione, sono esempi di utili meccanismi automatici. Essi non richiedono uno sforzo cosciente e, ad eccezione di certe funzioni alimentari ed escretorie, appartengono al corredo ereditario dell'organismo. Altre funzioni, la maggior parte delle quali regolano il rapporto tra l'organismo e l'ambiente, debbono essere apprese attraverso tentativi, errori e ripetizioni. I modelli di comportamento che risultano idonei a mantenere l'omeostasi biologica e psicologica vengono ripetuti sino a diventare automatici, e seguiti, allora, con un minimo di sforzo. Tutto questo processo si chiama «apprendimento».

Esso consiste in due fasi: esperimenti fatti attraverso tentativi ed errori e ripetizione di modelli di comportamento che, attraverso i tentativi e gli errori, si sono dimostrati veramente i princìpi fondamentali del dinamismo psichico utili. L'apprendimento mira, in ultima analisi, al soddisfacimento del bisogno con un minimo spreco di energia. Attraverso la ripetizione, i modelli di comportamento risultati utili diventano spontanei e automatici. Subito dopo il principio di stabilità, la più comune e fondamentale tendenza dell'organismo è quella di sostituire adattamenti che richiedono uno sforzo inerente all'esperimento stesso, con una condotta automatica e riposante. Questa tendenza generale è — come vedremo in seguito — di grande importanza per la psicologia.

Cosi, l'apprendimento è basato su due princìpi dinamici: il principio di stabilità, che costringe l'organismo a trovare, attraverso esperimenti successivi, modelli di comportamento idonei a ridurre le pulsioni interne (bisogni e desideri) soddisfacendole; il principio di economia, che consiste nella ripetizione di quei modelli di comportamento idonei, i quali diventano in tal modo automatici e spontanei. Questa seconda fase serve soltanto a consolidare, mediante la ripetizione, le nozioni appena acquisite.

II principio di stabilità esprime unicamente la tendenza dell'organismo a mantenere condizioni costanti, le più favorevoli alla conservazione della vita, e da sola non è sufficiente a definire il comportamento animale. Tale tendenza alla stabilità è chiarita ancor meglio dal principio di inerzia: l'organismo, cioè, tende a compiere le funzioni necessarie per il mantenimento di condizioni costanti, con un minimo spreco di energia. Quest'impulso che tende a risparmiare energia, lo potremo chiamare indifferentemente «principio di economia» o «principio di inerzia». In gran parte, sebbene non interamente, esso corrisponde alla cosiddetta «coazione a ripetere». Questi due princìpi, insieme, sono i più universali princìpi dinamici della vita.

Il vantaggio che il principio di economia apporta all'organismo è ovvio. Esso permette quel risparmio di energia necessario per l'adattamento all'ambiente. L'energia risparmiata mediante un comportamento automatico, può venire utilizzata per affrontare nuove situazioni che richiedono nuove ardue ricerche, fatte alla cieca.

Nondimeno, è importante rendersi conto di alcuni lati negativi del comportamento automatico. Le circostanze variano e l'organismo stesso, nello svilupparsi, cambia. Le mutate condizioni richiedono nuovi adattamenti. L'adulto non può soddisfare i propri bisogni come un bambino, il quale conta sull'aiuto materno. Egli deve imparare a essere indipendente, e da passivo diventare attivo. Deve camminare e mangiare, e insomma provvedere da solo a molti altri bisogni. La crescita richiede un apprendimento continuativo. Il principio d'inerzia costringe l'organismo ad aggrapparsi al comportamento automatico, che andava bene nel passato, ma adesso non è più adeguato alla mutata situazione. Tale indolenza fu individuata da Freud, che la chiamò «fissazione». Egli scoprì inoltre che quando le condizioni di vita diventano difficili e si presentano circostanze nuove o minacciose, i primi modelli di comportamento tendono a riaffermarsi. Questa disposizione si chiama «regressione», ed è uno dei fattori fondamentali nella psicopatologia. In un altro capitolo discuteremo in modo particolareggiato il significato della fissazione e della regressione.

Condizioni di vita mutevoli richiedono un comportamento elastico o, in altre parole, reazioni rapide e ad hoc, adatte al mo mento, anche se non appropriate in una situazione diversa. La capacità di subitanei mutamenti di condotta, appartiene alle più alte funzioni della personalità; funzioni di cui parleremo in seguito come integrative dell'io. Questa capacità consiste nel saper ritenere le esperienze passate, e nel saper adoperare la propria ragione per formarsi dei concetti generali e applicarli opportunamente. Per mezzo della memoria e della ragione, l'uomo può non soltanto continuare a condursi nel modo già ritenuto utile in passato, ma adeguare la propria condotta alle circostanze. La vita è in tal modo una lotta continua tra la tendenza dell'organismo a conservare i vecchi schemi del principio d'inerzia, e la sfida dello sviluppo e delle mutate circostanze ad additarne dei nuovi.

I princìpi di stabilità e di inerzia possono fornire spiegazioni utili e appropriate soltanto di quei fenomeni biologici che servono a conservare la vita. È necessario un altro principio, quello dell'eccedenza di energia, per comprendere l'accrescimento e la propagazione della specie.

Commenti. Il riconoscimento della tendenza fondamentale a risparmiare energia, negli scritti di Freud appare in modo esplicito nella sua teoria dell'umorismo (esprit). Freud spiega la risata come una reazione a una sensazione piacevole, quando Io sforzo di reprimersi diventa all'improvviso superfluo. Ciò accade nei casi in cui un'osservazione arguta ci permette di esprimere impulsi repressi. Allora, nella risata si scarica l'energia usata sinora per la repressione. Una idea simile è implicita nel concetto dei processi mentali «primari» e «secondari». I processi primari possono essere studiati meglio nei sogni. Essi non si sono ancora sintonizzati con la realtà, né si conformano alla logica, che è l'immagine interna della realtà. I processi secondari potrebbero chiamarsi «processi mentali adeguatisi alla realtà». La mente tende a tornare ai processi primari, ma deve vincere quest'impulso per poter adempiere la sua funzione, che è quella di conservare la vita. L'adattamento del pensiero alla realtà richiede uno sforzo maggiore che non i processi primari, i quali seguono il principio del piacere. Nei sogni e nelle fantasie, vi è una regressione verso i processi primari, lungo la linea della minor resistenza.

La «coazione a ripetere» di Freud è inoltre in stretta connessione col principio di inerzia. Nondimeno, come nota giustamente Feniche!, la «coazione a ripetere» si riferisce in realtà a differenti fenomeni psicodinamici.

Egli enumera tre categorie di ripetizione: periodicità degli istinti, radicata nella periodicità delle loro origini fisiche («ogni tipo di fame si calma con la sazietà, e alla sazietà dopo un certo tempo succede di nuovo la fame»); ripetizioni dovute all'impulso delle tendenze represse a cercare uno sfogo (queste sono molto pronunciate nelle cosiddette «neurosi del destino»); ripetizioni di eventi traumatici allo scopo di conseguirne la padronanza. L'esempio più noto è quello dei sogni a ripetizione nelle neurosi traumatiche, nei quali il paziente evoca l'evento traumatico per dominare, in ritardo, una situazione traumatica.

Le prime e le seconde categorie sono essenzialmente le stesse; e sono manifestazioni di quello che io chiamo principio di inerzia. Una volta trovato un modello di comportamento idoneo a soddisfare i bisogni subiettivi, esso viene ripetuto fino a diventare automatico. La ripetizione avviene perché si segue la linea della minor resistenza: in altre parole, perché richiede un minor spreco di energia. La terza categoria è la manifestazione del principio omeostatico, il cui esecutore principale è l'io. L'io reagisce a ogni irruzione di stimoli eccessivi nell'organismo, facendo uno sforzo per ridurre quegli stimoli a un livello costante. Esso continua nei suoi sforzi sino a che riesce a portare a termine il suo compito. I sogni traumatici sono manifestazioni di questa lotta spietata dell'ho per dominare una situazione che nel passato non è riuscito a dominare. Secondo tale concetto, la coazione a ripetere di Freud può essere ridotta a due diversi princìpi psicodinamici: il principio d'inerzia, e il principio di stabilità.

Il principio di economia venne formulato esplicitamente da Ernst Mach, il quale lo descrisse nel suo studio sullo sviluppo della conoscenza scientifica. Il suo concetto principale è che il pensiero si adatta gradatamente alla realtà, come ben si vede nell'evoluzione dalla magia alla scienza. Questo adattamento graduale è contrastato dall'inerzia delle idee abituali. Quando si fa una generalizzazione che aderisce a certi fatti, essa viene mantenuta ostinatamente sino a che l'evidenza contraria non costringa alla sua revisione. La tendenza naturale è di aderire al già fatto. La revisione richiede uno sforzo; le vecchie formule possono venire ripetute senza un nuovo' investimento di energia. Mach non sapeva che l'adattamento degli istinti segue lo stesso principio di quello del pensiero. Il concetto freudiano di «fissazione», quale aderenza a forme già provate di soddisfacimento degli istinti, se perseguito nel senso giusto, include il principio di inerzia. Mach puntualizzò anche la tendenza scientifica a ridurre il sapere al minor numero possibile di princìpi, e chiamò tale fenomeno «l'economia del sapere».

IV. SVILUPPO E PROPAGAZIONE, INTESI QUALI MANIFESTAZIONI DEL PRINCIPIO DEL «SURPLUS DI ENERGIA»

Fenomeni erotici. Ogni organismo segue un corso di sviluppo biologicamente predeterminato. I mammiferi si sviluppano in modo uniforme sino alla nascita e sono soggetti a relativamente poche influenze esterne. Dopo la nascita, però, l'influenza dell'ambiente esterno diventa più importante. Tuttavia, le fasi principali dello sviluppo postnatale sono anch'esse predeterminate. Nell'essere umano il completamento del processo di mielinizzazione delle fibre nervose avviene in un certo periodo; la coordinazione nell'afferrare, nel parlare, nel camminare ecc., avviene in modo più o meno costante; l'intelletto comincia a funzionare approssimativamente alla stessa età in tutti; la maturazione delle ghiandole sessuali e lo sviluppo completo dello scheletro ha luogo ir. ciascuno presso a poco nella stessa maniera; e la senescenza, sebbene con molte varianti, si presenta presso a poco in tutti alla stessa epoca.

La progressione dalla nascita alla maturità può essere considerata come una serie di passi verso il dominio delle funzioni biologiche; dominio che rende la creatura umana indipendente dai genitori. L'uomo dapprima impara a masticare il cibo e a mettere a fuoco il suo sguardo; poi a coordinare i movimenti che rendono possibile afferrare cose e oggetti. Impara quindi a camminare, a parlare, e a farsi un'idea ragionata del mondo, e infine raggiunge la maturità nello sviluppo mentale. Il bambino, però, resiste palesemente al proprio progresso verso la maturità e, seguendo il principio di inerzia, si attacca all'adattamento già raggiunto. Se è stanco del faticoso compito di un sempre nuovo adattamento, o se si trova a dover affrontare situazioni nuove e difficili, allora egli tende a regredire verso i primi modi di condotta. Quei primi adattamenti ben riusciti servono quali punti di «fissazione», a cui l'individuo si riporta nei periodi di tensione emotiva.

Questo resistere a uno sviluppo completo, è uno dei tratti più caratteristici in tutti i bambini, ma è solo un aspetto del quadro generale. La maturità è biologicamente predeterminata, e l'organismo non ha altra alternativa, se non quella di accettarla quale fatto invariabile e di adattarvisi. Tuttavia esistono molti fattori psicologici, importanti quanto l'inerzia e la regressione, i quali puntano verso la maturità e l'indipendenza. Tutto ciò che il bambino impara, viene acquisito in origine attraverso spontanee esperienze di giuoco. Attività, quali ad esempio il muovere le membra, il guardarsi intorno e il tentativo di camminare, da principio non rappresentano un'utilità, ma solo un piacere. Il giovane puledro che galoppa per la prateria, illustra il piacere spontaneo del moto fisico. È vero che mediante il giuoco l'organismo si prepara alla seria lotta per la vita, che comincia quando l'assistenza dei genitori diventa superflua, e l'organismo deve contare sulle sole risorse personali. Nondimeno non è che, nell'imparare spontaneamente e quasi per giuoco a governare il proprio corpo, la condotta dell'essere umano sia informata a tali calcoli pratici. Il bambino giuoca ed esercita spontaneamente le funzioni corporali, solo per il piacere che gliene deriva. Le mani cercano di afferrare per il piacere di afferrare, e non per ottenere il cibo; gli occhi guardano per il piacere di vedere, e le gambe camminano e corrono perché è divertente farlo. Una delle scoperte fondamentali di Freud fu che questi esercizi piacevoli, insieme alla manifestazione matura della sessualità, appartengono alla medesima categoria da lui chiamata «erotica». Il che è la «riscoperta» di un fatto ben noto agli antichi greci per via intuitiva. Il dio greco Eros era il dio dell'amore e del giuoco, ed era giustamente rappresentato come un fanciullo.

I fenomeni erotici non seguono il principio d'inerzia. Essi non sono designati a risparmiare energia, ma a spenderla spontaneamente. Sono creativi e progressivi, e servono da forza motrice dinamica alla crescita e alla propagazione. Non sono ripetizioni automatiche o adattamenti utilitari, ma conducono l'organismo verso nuove avventure ed esperienze. La utilizzazione pratica delle facoltà acquisite dall'organismo per mezzo di esperienze piacevoli, è un secondo passo verso l'adattamento. Tali facoltà debbono essere acquisite una per una, prima di poter venire integrate in modo giudizioso ai fini dell'adattamento. L'energia spesa così generosamente in esperienze piacevoli, è l'eccedenza di energia, non usata per mantenere la stabilità omeostatica o per assicurare la sopravvivenza dell'individuo. Il suo «scaricamento», tuttavia, è una manifestazione specifica del principio omeostatico. Un eccesso di energia turba l'equilibrio omeostatico e deve quindi venire scaricato. L'origine di tale surplus di energia è una questione che deve ancora essere esaminata.

V. ANALISI DEI VETTORI DEI PROCESSI VITALI

Dal punto di vista dell'energia, la vita può essere considerata come un rapporto fra tre vettori: l'assorbimento di energia che avviene attraverso le sostanze nutritive e l'ossigeno; la parziale utilizzazione di queste ultime per lo sviluppo; il consumo di energia occorrente per mantenere in vita l'individuo, reintegrando le perdite di energia che si hanno nella dispersione, nel calore, e nelle piacevoli attività erotiche. Nell'organismo maturo, le attività erotiche assumono il compito della propagazione. Ciò avviene la prima volta nella pubertà, quale una nuova sorta di funzione eliminatrice: la produzione, cioè, di cellule germinali. Il processo di moltiplicazione può essere inteso come l'accrescimento di una unità biologica individuale oltre i propri limiti di sviluppo. Essa segue la formula della moltiplicazione negli organismi monocellulari. Il processo di accrescimento si arresta quando la cellula arriva alla maturità. La riproduzione, da allora, avviene attraverso la suddivisione della cellula stessa. Quando un'unità biologica raggiunge una certa misura, ogni aggiunta di sostanza o di energia diventa impossibile, perché la sua capacità di organizzare la materia vivente ha raggiunto il proprio limite. L'accrescimento individuale allora si arresta, e la propagazione serve come mezzo per scaricare l'eccedenza di energia. Se così non avvenisse, l'equilibrio omeostatico verrebbe turbato.

L'energia non necessaria a mantenere la vita in equilibrio, viene chiamata «surplus di energia». È questa la fonte di ogni attività sessuale. Nel bambino i cui bisogni vengono soddisfatti dagli adulti, i vettori dell'assimilazione e della ritenzione sorpassano l'eliminazione. Di qui, il rapido accrescimento. Ma, nonostante che l'energia sia stata utilizzata per lo sviluppo, ne resta ancora un'eccedenza notevole, non immagazzinata né usata per il mantenimento della vita. Questo residuo viene scaricato attraverso le attività erotiche. Ciò spiega la preponderanza, nel fanciullo, del comportamento erotico su quello autopreservativo. Quando il bambino consuma energia in manifestazioni erotiche, egli, giuocando, scopre nuovi usi per i suoi organi, e allora li esercita sino I rendersene padrone, e sino a che le loro diverse funzioni s'integrino in maniera utile per una esistenza indipendente. Il giuoco erotico che ha per solo fine il piacere, è la prima fase; la seconda, è l'utilizzazione delle funzioni acquisite durante il giuoco erotico. Ciò può apparire paradossale, ma la dipendenza prolungata del bambino dai genitori, gli permette di concedersi il lusso di attività erotiche, esercitate puramente per giuoco. Questo automatismo graduale delle funzioni utili all'adattamento libera energia, e questa nel bambino viene usata per il giuoco erotico, e nell'adulto in attività creative sublimate e nella procreazione. Così il principio del risparmio di energia e l'uso creativo che si fa della sua eccedenza, s'intrecciano e si combinano allo scopo di mantenere la vita e di propagarla. La ripetizione rende automatiche le funzioni utili, e serve a risparmiare un'energia che può essere adoperata per lo sviluppo e per la procreazione.

Commenti. Il concetto del surplus di energia come fonte della sessualità, è stato formulato in termini alquanto diversi nel Thalassa di Ferenczi. Egli scrive: «Uno dei più nobili compiti della fisiologia sarebbe la dimostrazione di quei processi organici che rendono possibile inquadrare i singoli atti erotici nell'erotismo genitale. Secondo le ipotesi sopra accennate, ovunque un organo manchi di soddisfare direttamente il proprio impulso al piacere a favore dell'intero organismo, sostanze possono essere secrete da quest'organo, oppure innervazioni qualitative possono venire trasferite ad altri organi ed anche agli organi genitali, essendo compito di questi ultimi equilibrare, nell'atto del soddisfacimento, le fluttuanti tensioni del piacere di tutti gli organi».

Secondo Ferenczi, la sessualità rappresenta un mezzo per liberarsi «di tutte quelle sensazioni spiacevoli accumulate e trascinate con pena durante il normale funzionamento degli organi, e che non furono utilizzate né in alcun modo usate. Nell'eiaculazione vengono a sfogarsi tutte quelle tendenze autotomiche (tendenza a sbarazzarsi di una parte del proprio corpo), la cui realizzazione venne negletta dalla utilità funzionale».

Ciascun organo possiede una sua individualità, una sua fisiologia del piacere in contrasto con la fisiologia della funzione. La somma di quegli eccitamenti non utili costituisce la sessualità genitale, che scarica l'energia accumulata e non utilizzata. Il concetto esposto nel precedente capitolo collima per molti riguardi con la teoria di Ferenczi.

Freud in più di una occasione sollevò il problema se il carattere della sessualità non fosse meramente quantitativo. In Tre contributi alla teoria del sesso scrive: «L'eccitamento sessuale nasce come un accessorio a una lunga serie di processi interni, quando la intensità di tali processi ha oltrepassato certi limiti quantitativi».

Più tardi egli fece una constatazione simile nell'opera Gli istinti e le loro vicissitudini: «Dobbiamo forse supporre che i diversi istinti che operano sulla mente, ma la cui origine è somatica, siano anch'essi distinti da qualità diverse e agiscano nella vita mentale in maniera qualitativamente diversa? Tale supposizione non sembra giustificata: è molto più probabile che basti fare una supposizione più semplice — e cioè, che gli istinti sono tutti simili qualitativamente, e gli effetti che producono sono dovuti soltanto alla quantità di eccitamento che li accompagna, o meglio a certe funzioni di quella quantità. La differenza degli effetti prodotti sulla mente dai diversi istinti può rintracciarsi nella differenza delle loro origini. Comunque, solo in seguito noi saremo capaci di chiarire il vero significato del problema della qualità degli istinti».

Più tardi ancora, tuttavia, dopo che ebbe formulato la sua teoria dei duplici istinti (l'istinto di vita contro l'istinto di morte), Freud fu sempre più portato ad attribuire una qualità specifica alla sessualità.

French giunse a conclusioni simili alle mie. Egli respinse la distinzione qualitativa tra impulsi distruttivi ed erotici, e cercò di spiegare le differenze, rifacendosi ai fattori quantitativi. Secondo il suo concetto, «non è più necessario considerare gli impulsi erotici e distruttivi come manifestazioni di due correnti separate e antagonistiche». Egli concluse che i desideri troppo intensi rendono più difficile il compito integrativo dell'io, ma la speranza favorisce l'integrazione. In virtù di questa speranza, l'io è capace di sopportare le frustrazioni temporanee che sempre si danno nel coordinare desideri così diversi tra loro in un modello razionale di comportamento. Se la speranza viene a cadere, i desideri intensi possono dissociarsi dalla formula già integrata e trasformarsi in collere. Il surplus di energia, residuata dalle altre attività, si scarica allora nella condotta erotica. Questa parte della teoria di French è identica a quella di Ferenczi e alla mia; l'erotismo, cioè, implica un surplus di energia. Il fondamento della mia teoria è che il conflitto essenziale non avviene tra gli impulsi erotici e quelli aggressivi, poiché anche questi ultimi possono essere soddisfatti eroticamente, ma tra un comportamento erotico fine a se stesso e uno tendente a uno scopo determinato. Lo stesso impulso può essere espresso quale parte costitutiva di un modello tendente a un fine utilitario, oppure in atti erotici, se l'impulso non viene subordinato o coordinato ad altri impulsi nell'interesse della conservazione dell'intero organismo.

L'argomento più forte in favore della teoria che considera la sessualità come un modo specifico, determinato quantitativamente e non qualitativamente, di scaricare gli eccitamenti dell'organismo, ci viene dallo studio dei pervertimenti sessuali. In questi casi, ogni tensione emotiva, purché abbastanza forte, diventa contenuto psicologico di un eccitamento sessuale: i sentimenti ostili del sadismo, i sentimenti di colpevolezza del masochismo, la curiosità della scoptofilia, l'orgoglio dell'esibizionismo. La spontaneità e la generosità dell'amore maturo ci danno un esempio di quel che deve essere la sessualità in un organismo sano e completo. Tutte le emozioni sessuali hanno degli equivalenti non sessuali. Non è la loro qualità, ma il loro grado di tensione e il modo di scaricarla che le orienta verso la sessualità. Il linguaggio usuale registra questo fatto impiegando la stessa parola per l'amore sessuale e per quello non sessuale.

I concetti qui proposti sono più vicini alle prime nozioni di sessualità di Freud.

VI. FORME DIFFERENTI DI COMPORTAMENTO EROTICO

1. Erotismo orale

Le caratteristiche psicologiche delle varie fasi dello sviluppo umano possono essere comprese facilmente, se si inquadrano nel contesto della teoria generale or ora esposta. Le indicazioni psicologiche dell'organismo in sviluppo, in ogni fase dell'accrescimento riflettono i processi biologici nascosti. L'esistenza del bambino da principio si accentra nell'accumulazione e nel risparmio di energia. La sua occupazione principale è quella di crescere. II primo periodo di vita del bambino è caratterizzato da un rapido sviluppo e da un'assoluta dipendenza, che si manifestano ambedue nella preoccupazione dominante del nutrimento e nel desiderio di essere curato. La cosiddetta «fase orale» come viene descritta da Freud e d;i altri pionieri della psicoanalisi, implica la sensazione di piacere causata dal suggere; una forma di giuoco orale (il succhiamento del pollice), e un atteggiamento dipendente passivo, ricettivo ed esigente verso la madre. Come abbiamo visto, molte funzioni corporali possono dare piacere erotico e possono essere esercitate per se stesse, senza considerazione alcuna per le necessità di preservazione dell'organismo. Succhiarsi il pollice è un atto divertente ed erotico della funzione di assimilazione, indipendentemente dalla sua utilità, che è quella dell'assimilazione del cibo. Esso esprime un eccitamento che oltrepassa quello causato dalla fame. Il suo valore omeostatico consiste soltanto nel liberare l'organismo da un eccesso di eccitamento.

Il primo a sospettare che il succhiamento del pollice costituisse un piacere sessuale, fu uno psicoanalista. Lindner, un pediatra ungherese, suggerì la natura sessuale di quest'atto, in un articolo veramente notevole pubblicato all'epoca in cui la sessualità infantile non era stata ancora scoperta.

Lindner osservò i bambini più grandi che conservano l'abitudine di succhiarsi il pollice, e annotò le loro .sensazioni. Si avvide che quell'atto coincide spesso con la masturbazione, e concluse che doveva in qualche modo essere legato alla sessualità. Il suo articolo sarebbe passato inosservato, se Freud non lo avesse messo in luce per dare maggior consistenza ai propri concetti. Tuttavia, egli aveva già scoperto per proprio conto la natura sessuale del succhiamento del pollice.

Il piacere che si prova nell'essere accudito si connette strettamente a certi atteggiamenti emotivi. La sensazione principale consiste probabilmente nella sicurezza risultante dalla distensione portata all'appagamento della propria fame. Questo senso, insieme a quello di essere curato, si riallaccia all'atto dell'assimilazione e al piacere che risiede nella mucosa della bocca. In orìgine, queste sensazioni orali vengono avvertite in modo del tutto passivo. La ghiandola mammaria ha un tessuto erettile e fa zampillare il latte nella bocca del bambino. È giusto quindi chiamare assimilazione, o secrezione orale, l'intero complesso di queste emozioni e del piacere così localizzato.

Nondimeno, vi è un'altro atteggiamento emotivo connesso con l'assimilazione orale. Quando il flusso del latte è insufficiente, il bimbo morde il seno materno. Egli cerca di prendere con la forza quel che non ha ricevuto passivamente. Può perciò distinguersi un atteggiamento orale aggressivo da un iniziale atteggiamento ricettivo (Abraham). Una ulteriore caratteristica emotiva legata all'attività orale, è l'invidia. Il primo impulso orale è possessivo, e ciò può osservarsi bene nella reazione piena d'invidia del bambino quando un altro esserino prende il suo posto al seno materno (sibling, rivalità). In certe civiltà, come ad esempio quella di Bali, tale invidia viene incoraggiata deliberatamente, facendo assistere il fanciullo più grande alle cure che si prestano al più piccolo: questa è una caratteristica normale del tipo di civiltà balinese (Margaret Mead).

2. Erotismo anale

Le funzioni escretive procurano anch'esse sensazioni piacevoli. Le tendenze e le attività coprofiliche del bambino rivelano un «carico eccedente» che oltrepassa il bisogno di eliminazione. Il bambino scopre che il termine del canale intestinale può dare un piacere simile a quello che si prova succhiando. Tale piacere è causato dalla pressione di un corpo solido sulla mucosa dell'ano o dalla ritenzione della massa fecale. Il piacere che si ottiene dalla ritenzione anale è il principale ostacolo alla necessità di abituare il bambino a una defecazione regolare. Quando l'insistenza dei genitori nel voler regolare e controllare l'evacuazione interrompe il piacere, il bambino si ribella.

L'osservazione psicoanalitica dei bambini e di adulti neurotici, ha dimostrato che la ritenzione anale è connessa a sentimenti di caparbietà, di indipendenza e di dominio. Il bimbo prova piacere nel trattenere i prodotti del suo corpo, i quali sono soltanto suoi. Senso di possesso, di indipendenza e ostinazione sono legati all'atto. La sua connessione col senso di possesso appare anche con maggiore chiarezza nel rapporto emotivo esistente tra danaro ed escremento. Espressioni come «sporco denaro», «sporcato col denaro», il proverbio romano pecunia non olet, l'asino della favola che emette monete d'oro invece di feci, John Bull che si siede sulla borsa dei denari, la parola «possedere» (da «sedere»), sono alcuni dei molti esempi i quali rivelano gli intimi e inconsci vincoli esistenti tra denaro e feci. Ciò non sorprende affatto, quando si pensi che l'escremento è la prima cosa che il bambino possiede. Per persuaderlo a dividersene a intervalli regolari, la madre gli offre come premio dolci o altre dimostrazioni di affetto. Questa è dunque la prima moneta che il bambino può scambiare contro altri valori.

Il rapporto dell'erotismo anale con l'indipendenza diventa istintivamente palese, quando si sente chiamare il vaso da notte del bambino «trono»; è il simbolo della sua autorità. L'intimo nesso tra ritenzione anale, senso di indipendenza e la sua esagerazione (e cioè la caparbietà) è fondata sul fatto che il controllo dello sfintere è una delle prime funzioni di cui il bambino si rende padrone. Egli trattiene o cede i prodotti del suo corpo a volontà, e resiste o si sottomette all'autorità che su di lui esercita l'adulto. È degno di nota che un'interferenza drastica nei soddisfacimenti orali del fanciullo incoraggia la ritenzione anale, venendo così a creare una specie di compensazione a quelle inibizioni.

Abraham distinse due fasi anali: una dominata dal piacere di trattenere, l'altra dal piacere di espellere. Se, o meno, queste due fasi seguano un ordine cronologico, è discutibile. È certo, tuttavia, che non soltanto la ritenzione, ma anche l'espulsione è fonte di piacere, e che le sensazioni legate all'espulsione differiscono totalmente da quelle determinate dalla ritenzione.

Il piacere ritentivo è connesso a un senso di indipendenza e di possesso; l'espulsione dell'escremento è associata all'orgoglio che il fanciullo risente per quella che è, in verità, la prima cosa da cui trae soddisfazione. Di solito si considerano queste sensazioni erotiche come appartenenti alla seconda fase (analeerotica) di sviluppo degli istinti. È difficile avvalorare la teoria che una fase orale preceda la fase anale, perché certamente esse si intersecano. La vita emotiva del fanciullo accentra i propri interessi sulla nutrizione e sulla defecazione; il suo erotismo segue un andamento simile.

Il fatto che l'educazione igienica del bambino porti la funzione esecretiva in primo piano, può spiegare la teoria che la fase anale segue la fase orale. Dopo lo svezzamento, l'educazione del fanciullo alla pulizia e all'igiene personale è la seconda seria e sistematica interferenza, da parte dell'adulto, nelle funzioni biologiche basilari del fanciullo. Tali interferenze sono particolarmente drastiche in un'epoca, come la nostra, in cui si tiene enormemente alla puntualità nei pasti e all'opportunità di iniziare molto presto il fanciullo a certe pratiche igieniche (Benedek, Karl Menninger). Le prime privazioni orali davano luogo ad accessi di rabbia e stimolavano l'aggressione orale, la quale si manifestava nel morso. Adesso, la frustrazione avviene a proposito della defecazione ed evoca un'aggressione sadistica. Quando il surplus di energia viene scaricato d'improvviso, sopravviene la sensazione erotica. Fare il male, solo per liberarsi dalla rabbia accumulata, costituisce quel tipo di aggressione erotica che va sotto il nome di sadismo. In contrasto con l'aggressione intesa a eliminare gli ostacoli che impediscono il soddisfacimento dei bisogni subiettivi, il sadismo co me tutti i fenomeni erotici, dà sfogo a un'aggressione piacevole, fine a se stessa. Il primo nesso tra sadismo ed escrezione porta al concetto di sadismo anale, il cui movente principale è quello di ledere l'oggetto della propria ostilità, sporcandolo.

3. Altri tipi primitivi di erotismo

Insieme allo sviluppo delle tendenze orali e anali, il bambino s'impegna in altri tipi di giuoco erotico. Egli a poco a poco scopre l'uso delle proprie membra e degli occhi, e per un tempo considerevole si serve di essi per divertimento e traendone un certo piacere erotico, ma non a scopi utili. Tali attività possono chiamarsi erotismo scoptofilico, oppure erotismo visivo e muscolare.

Il concetto originario delle zone erogene nelle mucose della bocca e del retto, assume un diverso significato se ci rendiamo conto che moltissime funzioni del corpo possono essere fonte di piacere erotico.

Non appena il bambino raggiunge un certo grado di indipendenza, si accentuano in lui sempre più i nuovi tipi di condotta e di soddisfacimento erotico. Essi si chiamano fallici, perché implicano la minzione e la masturbazione. Hanno come complementi emotivi l'emulazione, la perentorietà, il piacere dell'adempimento e l'ambizione (Jones). È questo il periodo in cui si saggiano, per giuoco, le varie facoltà del corpo e della mente. L'apprendere le prime cose attraverso l'identificazione con gli adulti, è una caratteristica importante di questa fase della vita. È difficile definire con precisione l'inizio e la fine di tale periodo, ma nella maggioranza dei fanciulli esso raggiunge il suo acme nel quinto o nel sesto anno. Da relazioni fatte da adulti neurotici, sono state ricostruite in gran parte le prime nozioni di quel periodo. Le osservazioni analitiche, sempre più frequenti, sul fanciullo hanno poi confermato una simile ricostruzione in tutti i suoi particolari.

Gli impulsi aggressivi assumono in quest'epoca una forma più coordinata e personale. Nella prima infanzia il bambino reagisce con rabbia alla frustrazione, se essa è cagionata dalla intromissione degli adulti, o è dovuta a mezzi impersonali; per esempio, una sedia che impedisce al fanciullo di prendere un oggetto. Que sta rabbia si manifesta in un'attività muscolare non coordinata. Nel periodo fallico l'ostilità risulta diretta in modo più intenzionale ed emulativo. L'amore è ancora dipendente, possessivo ed esigente, come durante le fasi orali ed anali; anticipa però certe caratteristiche di sensazioni sessuali più mature. Lo sviluppo degli impulsi erotici non segue un corso perfettamente parallelo all'intero sviluppo fisico o mentale dell'organismo: gli impulsi sessuali sopravanzano il resto. Tale discrepanza si osserva chiaramente nella tipica costellazione emotiva di questa età, il complesso di Edipo; una mescolanza di amore, gelosia, inferiorità e colpa, cagionata dall'attrazione sessuale possessiva che il fanciullo sente verso il genitore dell'altro sesso. Le origini del senso di colpa saranno trattate più tardi in rapporto allo sviluppo dell'io. Gran parte di questo periodo della vita viene in seguito oscurata da quella che Freud ha chiamato amnesia infantile. Essa si estende ai primi sei anni di esistenza e lascia sopravvivere soltanto ricordi isolati e frammentari. L'amnesia è dovuta alla repressione, la cui natura verrà discussa nel prossimo capitolo. Qui diremo solo che le repressioni sono dovute alla discrepanza che esiste tra lo sviluppo degli istinti e quello dell'io. La personalità del bambino deve affrontare la tensione psicosessuale e insieme gli impulsi aggressivi, cui egli non può dare sfogo, e che non può controllare per mezzo dell'attività genitale e muscolare. Questo sviluppo non omogeneo dell'istinto, dell'intelletto e della genitalità, spiega i conflitti emotivi del bambino. L'infanzia è la fase più vulnerabile dello sviluppo umano. Esperienze educative e traumatiche negative di ogni sorta, tali da accrescere questo conflitto, esercitano un'influenza patogenica su tutta la vita.

Insieme alla rivalità di Edipo, la rivalità tra fratelli (sibling) assume adesso una nuova importanza. I fratelli nella fase pregenitale si contendono l'amore della madre; nel periodo fallico cercano di sorpassarsi a vicenda in modo più attivo. Il ragazzino che una volta invidiava i privilegi del fratellino e della sorellina minori come un bimbo piccino, adesso comincia a battersi per ottenere il diritto di stare alzato la sera, di uscire di casa solo, di sapere e fare quello che sanno e fanno i membri più grandi della famiglia. In contrasto con il primo tipo regressivo di rivalità tra fratelli, questo può chiamarsi un genere di rivalità progressiva.

La repressione dei sentimenti in conflitto nel periodo di Edipo, accompagna la graduale scomparsa delle prime curiosità sessuali del bambino. Esse vengono sostituite dalla curiosità verso il mondo che lo circonda, incoraggiata e sviluppata dall'educazione. Si suppone che tale periodo di latenza cominci verso il sesto anno e si prolunghi sino alla pubertà.

5. Impulsi genitali

Nella pubertà, l'organismo passa per dei mutamenti endocrini, e gli impulsi sessuali prendono una forma più adulta. L'organismo adesso sta raggiungendo uno stato di maturità e le glandole sessuali cominciano a funzionare. Dopo la maturazione, il bambino diventa biologicamente adulto e capace di riproduzione. Lo sviluppo emotivo consiste soprattutto nella lotta condotta dall'adolescente per adattarsi al suo nuovo stato biologico. L'emulazione diventa uno sfogo emotivo centrale, motivato dal senso di insicurezza che sorge dalla recente maturità. L'adolescente, sebbene dal lato biologico sia in pieno possesso delle proprie capacità, deve ancora cimentarsi. Misurarsi con gli altri rappresenta una maniera naturale per vincere il proprio senso di inferiorità. L'emulazione dell'adolescente, la sua tendenza a mettersi in mostra, e altre difese caratteristiche contro il senso di insicurezza, contraddistinguono questo periodo della vita. Gli impulsi sessuali sono emulativi, e da principio hanno un contenuto psicologico simile a quello della fase fallica. Soltanto quando la maturità è stata pienamente raggiunta, e il maschio e la femmina giovani si sentono sicuri, l'amore appare come un nuovo aspetto della struttura emotiva. Nell'adolescenza, l'oggetto sessuale serve soprattutto ad accrescere la fiducia in se stessi, perché dà la misura delle proprie possibilità.

Nella maturità l'amore diventa per la prima volta generoso e acquista la capacità di dare; prova, questa, che l'organismo maturo non ha più bisogno di quella forza e di quell'energia per mantenersi in vita. Questo tipo di amore è quello che Freud ha chiamato «sessualità genitale».

È ovvio che anche il fanciullino è tenero e generoso nell'amore che dimostra ai familiari, alle sue bambole, ai suoi oggetti preferiti. Un'accurata osservazione, tuttavia, ci rivela che un tale affetto è basato sull'identificazione del bambino con l'oggetto stesso del suo attaccamento. Il fanciullo nell'amare gli altri indirettamente ama se stesso. Nell'adulto, l'amore entra come una nuova componente, la quale corrisponde a uno stato di saturazione, all'urgenza di donarsi con generosità. Nella mitologia greca tale stato è rappresentato dalla dea Cerere, con il suo corno dell'abbondanza.

Nella letteratura psicoanalitica Freud e Ferenczi tentarono di spiegare la sessualità genitale come la somma e l'integrazione degli impulsi pregenitali. Secondo Ferenczi, la sessualità genitale è una mescolanza di impulsi anali e uretrali con le loro caratteristiche espulsive e ritentive. Tale concetto non tiene conto del fatto che, con la maturazione, l'equilibrio dinamico dell'organismo muta. La produzione delle cellule spermatiche è un evento nuovo, e l'autogenerosità va oltre gli impulsi naturali dell'organismo in accrescimento, il cui scopo principale è quello di completare il proprio sviluppo. Il senso di indipendenza e di possesso, implicito della ricettività orale, riflette psicologicamente le condizioni biologiche della prima infanzia. L'emulazione è il marchio dell'adolescenza; ma la capacità di sentire un vero amore caratterizza la maturità. La coppa è piena e trabocca. La genialità non può essere spiegata unicamente come la somma di impulsi pregenitali. Nella maturità viene ad aggiungersi un fattore nuovo: l'impulso a dare, che è un nuovo derivato dell'eliminazione sul piano pregenitale. Nella fase pregenitale l'eliminazione significa soltanto eliminazione dei rifiuti.

La differenza tra i rapporti pregenitali e genitali è espressa benissimo nel narcisismo (amore di sé), forma assolutamente distinta dall'amore per gli oggetti esterni (amore obbiettivo). In tutti gli atteggiamenti pregenitali, prevale quello narcisistico. Il bambino è altamente soggetto al narcisismo, e il suo interesse per il mondo circostante è completamente subordinato all'interesse per se stesso. Più tardi, attraverso l'identificazione con gli oggetti esterni, l'interesse del fanciullo si volge a poco a poco, ma sempre di più, verso le cose che lo circondano: solo nella maturità, però, appare un amore indipendente dall'identificazione.